In era Covid, oggi più che mai che le fragilità emergono, abbiamo visto come i più fragili ed esposti a patologie che non permettono loro di muoversi agevolmente, necessitano di essere maggiormente tutelati.
Dobbiamo quindi ripensare alle azioni che deve mettere in atto il Paese, operare in modo inclusivo perché tutti i cittadini possano anche solo muoversi, vestirsi, fare sport, affinché nessuno sia escluso e possa vivere dignitosamente.
In tutta Europa la fornitura di dispositivi medici, protesi ed ausili, è a carico del Sistema Sanitario Nazionale tramite un Nomenclatore Tariffario che provvede a fornire protesi, busti per scoliosi o calzature per la deambulazione. Ciò è possibile grazie a una serie di codifiche che evidenziano il tipo di dispositivo e che l’azienda specializzata deve fornire in conseguenza della prescrizione medico-specialistica.
Analizzando la situazione italiana, constatiamo però che la metodologia di fornitura di tali dispositivi non sempre avviene nella medesima modalità, perché come sappiamo le regioni operano in maniera autonoma e difforme e, a loro volta, i vari distretti socio-sanitari si muovono con regole diverse in base alla loro libera interpretazione. Questo è frutto della burocrazia che tutti vogliono semplificare ma che, giorno dopo giorno, avanza in tutta la sua complessità machiavellica.
Oggi, tra l’altro, la situazione si è ulteriormente aggravata a causa di una riforma mai nata: i LEA (livelli essenziali di assistenza) emanati il 12 gennaio 2017 hanno sì rinnovato il Nomenclatore Tariffario, ma rendendolo ancor più obsoleto e difficile da interpretare, nonché privo dei prezzi di riferimento.
Se consideriamo inoltre che il precedente Nomenclatore, ancora oggi in vigore, ha prezzi risalenti a ben 19 anni orsono, quando nel 2003 alcune Regioni hanno aumentato le tariffe del 10% dopo che queste non venivano riviste dal 1987, la situazione appare chiara.
Mi chiedo come si possa pensare di rivitalizzare un settore considerato strategico per la maggior parte dei paesi europei, quando in Italia questo è definito “spesa improduttiva”. Forse perché, quando la politica va in televisione a parlare di “inclusione della disabilità”, in realtà non sa di cosa parla e di come si può migliorare la situazione agevolando la fornitura senza far esplodere la spesa sanitaria.
Attualmente le imprese che operano in questo settore sono circa 1600, ma solamente il 10-15% è dotata di un laboratorio attrezzato con personale realmente formato: anche questo è un problema da affrontare per trovare soluzioni quanto mai veloci ed intelligenti, per evitare che il “saper fare” di molti maestri vada perduto per sempre. Ricordo che quasi la totalità dei nostri manufatti è costruita su misura, ovvero ritagliati ad personam: questo si traduce nel saper fare e nel comprendere le difficoltà con cui ci si approccia a tali persone.
L’Italia è il Paese delle regole violate o mai applicate: ancora una volta lascia stupiti un sistema di fornitura che si attesta su circa 400 milioni di euro per le sole forniture di presidi su misura e circa il doppio per la fornitura di letti, materassi, presidi per l’incontinenza ed ausili.
Le forniture su misura, che sono la parte meno preponderante ma più importante, sono anche quelle che vengono snobbate, non riconosciute, mal gestite in un’ottica bizzarra non di risparmio ma di razionalizzazione empirica della spesa. In pratica significa che le aziende abilitate alla fornitura che oggi investono in tecnologia, formazione, adeguamento delle proprie strutture, regolamentazione completa delle loro attività, adempiendo a tutti gli obblighi che la legge impone, si vedono riconosciuta la stessa tariffa di una piccola impresa che non investe perché non ha le capacità economiche e strutturali per farlo e pertanto non produce, ma fa produrre per conto terzi, nella speranza che poi il presidio possa essere consegnato al paziente/cliente. Non si possono poi dimenticare le mille difficoltà che ha l’utente in molte regioni per ottenere una prescrizione, situazione che si è fatta più difficoltosa con la sanità impegnata nella lotta al Covid, che ha comportato la riduzione delle attività ambulatoriali in tutta Italia.
Come ovviare a tutto questo? Credo sia indispensabile creare uno strumento snello, veloce, di aiuto concreto ai più deboli e che non avvantaggi chi lavora ed opera in maniera del tutto anacronistica e contro l’interesse generale, offrendo non un dispositivo ma solo costi.
La proposta, ovvia, è quella di riformare il Nomenclatore Tariffario rivedendolo nella sua interezza. Azione già concretizzata da CONFIMI Sanità, di cui sono il Presidente: servono norme generali di accreditamento delle Officine Ortopediche, che prevedano una produzione svolta all’interno delle officine stesse e tutte le aziende devono rispondere a requisiti strutturali impossibili da eludere.
Ecco allora che per evitare di perdere il “saper fare” e fare in modo che le aziende riprendano ad investire in ricerca e sviluppo, dobbiamo riportare al centro della manifattura dei dispositivi alcuni semplici concetti:
- riprendere in mano la formazione coinvolgendo le Università che hanno istituito il corso di laurea in Tecniche Ortopediche, con un laboratorio in cui i giovani laureandi possano imparare senza entrare nelle aziende private, un po’ come avviene in Spagna e Francia;
- accreditare le aziende che producono i manufatti all’interno dei propri stabilimenti con una quota di rimborso maggiore, perché sia un tecnico che un operaio specializzato hanno costi molto più elevati di un semplice lavoro in conto terzi;
- prendere la proposta di Nomenclatore che CONFIMI Industria Sanità ha presentato al Mistero della Salute e tariffarlo correttamente dividendo chi produce da chi commercializza prodotti realizzati da altre aziende;
- predisporre un repertorio degli ausili specialistici, da inserire con marca, modello e prezzo;
- evitare le gare tariffando anche gli ausili definiti di routine o standard, in maniera tale che le sanitarie completino il ciclo di fornitura al diversamente abile;
- creare un “Albo prescrittori” composto da medici esperti, dove vengono espresse le vere abilità del medico che conduce il Team Riabilitativo e al suo interno inserire anche il Tecnico Ortopedico.
Si tratta di piccole ma importanti azioni di rimodulazione del sistema di fornitura di protesi ed ausili, che si rivelerebbe ideale per non sprecare risorse e riportare la produzione di molti dispositivi all’interno del Sistema Paese. Pensiamo sia necessario creare inoltre un sistema di Telemedicina che possa, nei casi di fragilità ed in situazioni diverse, valutare il paziente da casa e fornire la giusta prescrizione. Le tecnologie sono già tutte disponibili, tra l’altro potrebbero essere utili anche per monitorare i pazienti nella loro abitazione, evitando di ricorrere all’ospedale anche per altre eventuali patologie.
Da ultimo ritengo che questo risulterebbe utile alla collettività e alle casse dello Stato, che altrimenti, continuando sulla strada dell’extradeficit, ci vedrà in pochi anni finire nelle mani di paesi stranieri. Nella speranza che non sia questo l’obiettivo, la manifattura italiana va aiutata concedendo alla produzione nazionale una tariffa migliore: in questo modo potremmo recuperare in breve tempo centinaia di posti di lavoro ed incrementare il PIL.
In sostanza le possibilità ci sono, la volontà dell’imprenditoria c’è, manca quella politica a medio e lungo termine ma, soprattutto, dobbiamo immettere nel sistema competenze e capacità manageriali e non nomine politiche che vanno ancora oggi di moda e che finiscono per deturpare la nostra nazione.