Nella prima metà dell’Ottocento la scrittrice britannica Mary Shelley metteva in fila 5 parole che meglio di ogni altra si adattano a quello che abbiamo vissuto in quest’ultimo anno e mezzo: “The beginning is always today”, l’inizio è sempre oggi.
Non è solamente una visione ottimistica della quotidianità: la misura di quello che abbiamo attraversato sta, infatti, tutta nell’atteggiamento con cui l’abbiamo vissuto. Se è stata un’attesa remissiva, non sarà facile risollevarsi, ma se è stata una preparazione intraprendente, una pianificazione oculata, una capitalizzazione di idee e progetti, allora le possibilità e i risultati non tarderanno ad arrivare.
Se quella che è passata è una tempesta, credo che noi di CAV ci abbiamo navigato dentro: non solo non abbiamo mai pensato di fermarci, attendendo che il peggio passasse, ma abbiamo lavorato per sfruttare al meglio il vento, ben consapevoli che il “dopo” sarebbe stato sì ricco di opportunità, ma tutte da giocarsi con strumenti ben collaudati.
Durante la pandemia, quindi, abbiamo scelto di investire: in tecnologie, manutenzioni e, soprattutto, capitale umano. Credo sia raro trovare una società che, durante i 17 difficili mesi di emergenza che abbiamo vissuto, abbia assunto nuovo personale, senza ricorrere alla cassa integrazione, preservando quindi, anzi implementando, la forza lavoro in vista di una ripartenza che avrebbe richiesto nuove risorse e professionalità qualificate.
Oggi che il Paese sembra ripartire, questo atteggiamento può pagare: potrà competere chi arriva più attrezzato e su questo fronte CAV ha lavorato in questi mesi. A beneficio soprattutto del territorio e dell’economia veneta, quindi del sistema o, come preferisco dire, della squadra.
Le infrastrutture infatti sono strettamente legate al contesto economico e sociale sul quale insistono: sulla grande viabilità del Veneto, in particolare, corrono merci e ricchezza di un’Europa che sta provando a rialzarsi dopo mesi in ginocchio.
In ottica di ripresa, le autostrade recitano un ruolo di primaria importanza; tocca a noi fare strada: non a caso i dati rilevati costantemente dalle nostre strutture, e che in queste pagine presentiamo, mostrano una netta ripartenza del traffico che, per quanto riguarda il trasporto merci, è addirittura superiore ai livelli pre-pandemia. Ma anche le persone, dopo la caduta delle ultime restrizioni relative ai confinamenti regionali ed al coprifuoco, hanno ripreso a viaggiare e questo è un indiscutibile segnale di ripresa, che siamo felici di sottolineare.
In questo numero di MoVe rappresentiamo le speranze e le prospettive di questa ripartenza: che si viaggi per vacanza o per lavoro, che si muovano merci o persone, la notizia positiva è che l’economia è ripartita.
Ma c’è anche l’aspetto umano da considerare, che non è avulso da una ricerca di nuovo benessere che non può essere solo legato al traffico, alle merci, al denaro. Come spiega bene Padre Stefano Del Bove, nel suo intervento, che in questo numero ci onoriamo di ospitare, l’occasione è storica e non dobbiamo cadere nell’errore di rimetterci in viaggio senza considerare nuovi presupposti lavorativi, sociali, di crescita collettiva e personale.
C’è voglia di ripartire, riprendere un’agognata normalità, riscoprire passate e piacevoli abitudini, come quella di viaggiare. Tutto molto bello, ma anche apparentemente facile: in fondo bastava aspettare che venissero tolte le restrizioni. Forse, invece, è necessario accompagnare questo nuovo inizio con un vero spirito di rinascita, uno slancio che attinga dalle forze di ognuno, per ricostruire un nuovo modo di fare impresa e comunità.
Se ne saremo capaci, allora sarà un vero nuovo inizio.
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